
SPIRITUALITA’ SADOMASO La storia di Mario Prete cattolico, ora Pastore MCC e schiavo
Vi racconto di Mario.
Mario è un uomo come tanti. Mario abbraccia il destino da lui scelto così come si presenta, lui ama gli estremi con annessi e connessi. La chiamata di Dio bussa un giorno alla sua porta e lui apre il suo cuore.
Poi il destino cambia e lui abbraccia un’altra fede più terrena e materiale diventando uno schiavo con contratto BDSM. A Mario piace la scelta definitiva, dove c’è sempre un rituale da seguire. Vi sembrerà impossibile far coincidere la religione con il BDSM? Forse su carta, ma leggendo la sua intervista vi accorgerete invece che ciò è possibile se si è sinceri con se stessi. Onore al merito per chi ha il coraggio di cambiare la sua vita più volte. Spiritualità e piacere sessuale. Forse è questa la chiave della felicità? L’una non nega l’altra ma combaciano.
SECONDA PARTE
(n.d.r) L’intervista è stata approvata dal Padrone
Quanto ti senti vincolato al tuo Master in termini di obbedienza?
La mia obbedienza al mio Master è totale e assoluta, perché la mia fiducia in Lui è totale e assoluta.
Come fai a far coincidere la religione con il sadomaso?
Come scrissi tempo fa in un articolo intitolato “Misticismo BDSM”e pubblicato su una rivista LGBT: (https://ilsimposiolgbtrivista.blogspot.com/): “l’esperienza che io faccio mentre sono al totale servizio del mio Master, è a tutti gli effetti una esperienza di uniomystica col Divino, con l’Assoluto, col Tutto, con l’Uno (…) Per me, infatti, il sadomaso non è semplicemente una pratica sessuale spinta, ma è la mia spiritualità, il modo in cui io mi trascendo e in cui vivo e pratico la religione, il legame profondo col divino; è la mia religione”. Condivido in pieno le seguenti parole presenti nel libro SacredPower, HolySurrender: “Sono arrivato a comprendere che la devozione è uno stato o un’esperienza personale interiore, che non dipende dal Dio a cui siamo devoti, dal momento che Dio è dappertutto. Così, quando mi dedico con devozione al mio Master, ecco che immediatamente sperimento la beatitudine e pace che si prova quando si è devoti verso Dio.” (in: edited by Raven Kaldera, Sacred Power, Holy Surrender: Living A Spiritual Power Dynamic, 1996, Hubbardston MA, Alfred Press, 124). È davvero quello che sperimento e vivo io sotto il mio Master. Anche lo psichiatra Vittorio Lingiardi, nel libro Compagni d’amore, scrive: “Il legame tra desiderio masochistico e motivo religioso è confermato dalle espressioni rituali di pratiche iniziatiche, ascetiche e mistiche come la circoncisione, la flagellazione, il digiuno, l’astinenza il sacrificio” (Vittorio Lingiardi, Compagni d’amore. Da Ganimede a Batman. Identità e mito nelle omosessualità maschili, 1997, Milano, Raffaello Cortina Editore, p. 109). E, ricordando che “sacrificare” significa “rendere sacro” e che “religione” si rifà alla radice del verbo “legare” aggiunge: “il masochismo amoroso esprime l’ombra del bisogno archetipico di venerare e di abbandonarsi a una divinità. Lo sguardo analitico rivela, nel masochista, la ricerca del trascendente” (ibidem). Sempre nello stesso libro lo psichiatra scrive: “Dato che l’istituzione religiosa tende a offrire alla sessualità un posto piuttosto scomodo, il masochismo potrebbe essere considerato un tentativo psichico di fare del sesso un sacramento che possa soddisfare il corpo, mantenendolo in un regime di spiritualità” (ibidem, p. 11). Queste parole, quando le lessi la prima volta decenni fa, mi illuminarono. Mi dissi: ecco, sì, è proprio così! Per me le pratiche BDSM sono davvero un sacramento e la schiavitù una pratica profondamente spirituale. È proprio ciò che vivo e sento nella schiavitù sotto il mio Padrone. Non che io ritenga un uomo Dio. Sarebbe una mia proiezione e strumentalizzazione del Master, indegna di un vero slave. Invece, io vivo la mia più intima spiritualità ai piedi del Padrone che venero, servo e adoro… come indica la Bibbia “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Deuteronomio 6,5).
Tempo fa scrissi un articolo su un ragazzo americano morto mentre obbediva ai suoi Master, cosa ne pensi?
Penso che quei sedicenti master fossero semplicemente dei malati mentali criminali. Come ho detto sopra, il BDSM prevede il rispetto categorico della regola “SSC” (Sano, Sicuro, Consensuale). Chi non si attiene a questo non è né slave né master, ma una persona con devianze psicologiche e/o patologie psichiatriche da curare. Punto! Su questo occorre essere categorici e fermi. È vero che nel BDSM ci possono essere anche attività estreme e rischiose. Ma non ci può mai e poi mai scappare il morto. Quando questo capita, non si tratta più di BDSM ma di un crimine da perseguire secondo il diritto penale in vigore. Ricordo benissimo quando incontrai per la primissima volta il mio Master. Ho ancora impresse nella mente e nella memoria corporea le sue forti cinghiate la cui violenza mi affascinò e spaventò insieme. Mi sentivo attratto da quel sadismo, ma, non conoscendolo ancora, ne ebbi insieme paura. E infatti, mi allontanai e lo frequentai sporadicamente, perché mettersi nelle mani di un altro che non si conosce è sempre un rischio. Col tempo e con gradualità, ho acquisito sempre più fiducia nel mio Master; a tal punto da restare anche ore/giorni completamente bendato (e a volte anche legato/incatenato) alla sua presenza. Ma, per arrivare a questa fiducia, ho impiegato anni. Ho pian piano acquisito quella sicurezza che ora mi fa sentire completamente tranquillo e certissimo che il mio Padrone non mi procurerà mai nessun danno psicofisico e men che meno la morte. E – ripeto – ci sono voluti anni per arrivare a questo. Idem per lui: anche il mio Master ha impiegato anni per arrivare a fidarsi di me. Come credo sia normale e giusto che sia. Il BDSM è uno stile di vita molto serio e radicale, che esige una grande maturità e responsabilità di tutte le parti in causa. Il rischio di alcune specifiche pratiche hard ovviamente esiste. Ma se un Master ha la testa sulle spalle, è serio e sa gestire sia la propria forza sia le reazioni dello slave, è impossibile che si arrivi a simili esiti funesti.
Hai mai rifiutato di dare l’assoluzione ad un fedele in confessione, se si perché?
Assolutamente no! E chi sono io per rifiutare il perdono a una persona, quando la vita (o Dio – chiamalo come vuoi) l’ha già perdonata? E, aggiungo anche: chi sono io per arrogarmi il diritto di assolvere/condannare? Che differenza c’è tra me e la persona che è venuta da me in confessione? Sono forse io migliore di lei? Quindi, no: non ho mai e non avrei mai e poi mai rifiutato ad alcuno l’assoluzione. Anzi: in realtà, io non ho mai assolto nessuna persona. Ho ascoltato le persone, ho dato loro empatia, le ho aiutate a trovare dentro di sé sia il perdono sia le risorse per un maggiore benessere. Non mi sono mai arrogato nessun diritto che nessun essere umano ha.
La tua libertà emotiva è invidiabile, ma che prezzo ha?
Un prezzo altissimo. Ho perso la sicurezza economica. Ho perso una posizione sociale elevata. Ho perso un sacco di privilegi, che il semplice fatto di essere un prete cattolico comporta. Ho perso anche diverse amicizie. Più di una persona non mi saluta più o finge di non vedermi, se mi incontra per strada. Ho anche perso dei soldi, visto che la Chiesa Cattolica, mentre ero ancora prete, ha deciso di non pagarmi lo stipendio per alcuni mesi, ovviamente senza avvertimi. E anche una volta uscito dalla Chiesa Cattolica ho perso dei soldi, perché alcune realtà mi hanno cancellato contratti di lavoro, una volta venuti a conoscenza delle mie vicende e/o del orientamento sessuale. Mi sono praticamente dovuto reinventare da zero a livello lavorativo. Il prezzo è stato ed è davvero altissimo – è vero. Ma non è paragonabile rispetto alla libertà interiore, emotiva ed esistenziale che ho acquistato. Ora, infatti, nella chiesa di cui sono pastore (la MCC) posso essere e vivere la mia schiavitù volontaria in modo trasparente e pubblico, senza problemi. E questo è un risultato davvero impagabile.
Il mondo di oggi è cattivo, dacci un consiglio da uomo di fede per vivere meglio…
Intanto mi chiedo: ma il mondo è cattivo oppure i media ce lo mostrano tale? Come suggeriva Gandhi: “Non confondiamo ciò che è abituale con ciò che è naturale”. E lo psicologo Marshall B. Rosenberg, ideatore della Comunicazione Nonviolenta che io pratico e insegno, invitata ad andare piano a etichettare il mondo, la società, l’umanità come “violenta”. Perché se le cronache ci narrano principalmente fatti di sangue (a volte anche deformando i fatti), nel momento stesso in cui viene commesso quel crimine, miliardi di persone nel mondo si stanno comportando civilmente e gentilmente. Tutto sommato, quindi, non mi sembra così cattivo il mondo. Quindi, come prima cosa, suggerirei di non credere a priori a nessuna narrazione, specie se molto diffusa e corrente, ma inviterei a coltivare un radicale spirito critico e analitico. Il che comporta la fatica dello studio, della ricerca, dell’approfondimento continuo, nello spirito socratico di chi “sa di non sapere”. In secondo luogo, consiglierei a chiunque di godersi la vita. In fondo, questo è il messaggio base di tutte le religioni.. Goditi la vita. Poi – è vero – nei secoli e millenni le istituzioni religiose hanno oscurato questo messaggio. Spetta a noi recuperarlo e viverlo. Infine, e non meno importante: siate voi stessi fino in fondo! E lo dico avendolo sperimentato io stesso sulla mia pelle: non è paragonabile l’energia, la solidità, la gioia profonda e il senso di piena realizzazione che provo ora che ho abbandonato un sistema repressivo e omofobo (come la Chiesa Cattolica) e ho deciso di essere finalmente me stesso fino in fondo in modo radicale, impegnandomi in questa relazione BDSM. Ed è anche per questo che il mio nuovo sito professionale si chiamerà proprio “Essere Sé”: perché anche nel mio attuale lavoro voglio aiutare le persone a fare questo viaggio che le porta a liberare la farfalla che è compressa dentro il bozzolo delle convenzioni e a credere in sé, anche se tutti ti schiacciano e di fanno sentire solo un verme.
Forse ho davanti davvero una persona libera, pregna di amore per se stesso e verso gli altri, integro nella sua onestà intellettuale.